IL PENSIERO NEBBIOSO di Gianni Pardo

Chi è abituato a capire vive con una sorta di sconforto l’esperienza di non capire. Per esempio, quando si scontra col mistero del pensiero di Hegel o di Jacques Lacan. Ma prima di chinare la testa ognuno ha il diritto di chiedersi: “Non sto comprendendo un pensatore o non sto aderendo alla predicazione di un profeta? Sono io, che ho le idee confuse, o le aveva lui?”

Naturalmente, bisogna andarci piano. Ci sono molte persone che il pensiero di Hegel lo hanno capito: i professori di filosofia, ad esempio. Diversamente non potrebbero insegnarlo. E per quanto riguarda Lacan in passato ci sono state intere legioni di lacaniani. Sicché colui che non capisce qualche pensatore “oscuro”, come Eraclito, deve innanzi tutto chiedersi: “Sono io che non capisco, o sono gli altri che credono di avere capito e non hanno capito niente?”

La prima ipotesi è di gran lunga la più seria. Come disse una volta qualcuno, “è improbabile che tutta l’intelligenza del mondo si sia rannicchiata nel mio cervello”. Ma la seconda ipotesi non è sicuro che sia falsa: e questo è importante. Qualche principio per orientarsi sarebbe dunque utile.

Dinanzi ad ogni mistero, bisogna chiedersi se si sia attrezzati per affrontarlo. Moltissimi sono disarmati dinanzi ad un’espressione matematica: e qui non c’è nessun mistero, c’è solo incompetenza. E poiché non si può essere competenti in tutto, bisognerà accettare ciò che dicono i matematici, i chimici, i medici, e gli specialisti in genere. Ma “accettare” non significa “dichiarare vero”, significa “riferire come accettato dai competenti”: e questo è lo schema delle “verità scientifiche”, valide fino a prova del contrario.

Proprio in questi giorni si è parlato di particelle che si spostano nello spazio “più veloci della luce”, cosa che un certo Albert Einstein – dinanzi al quale ci eravamo inchinati – aveva dichiarato perfettamente impossibile. Quelle particelle sono effettivamente più veloci della luce? A questa domanda non siamo tenuti a rispondere. E neanche a quest’altra: “Si può eludere la legge di gravità?” Al massimo si potrà dire: “Per quello che ne so, fino ad oggi no”.

Ma proprio questo esempio conduce ad un secondo principio. Se qualcuno dice che è stato trovato il modo di sospendere la legge di gravità bisogna soltanto ridere. Perché, se fosse vero, la notizia non sarebbe data al bar, da quel signore, ma farebbe più volte il giro del mondo nella prima mezz’ora. Abbiamo tutti il dovere di un sano scetticismo. È dunque lecito rigettare risolutamente, fino a prova del contrario, tutto ciò che appare assurdo.

Ma come comportarsi nei confronti di ciò che non si capisce chiaramente? Posto che si sia accettabilmente alfabetizzati, tanto da essersi fatta un’idea di ciò che pensavano Socrate e Machiavelli, Tommaso d’Aquino e Nietzsche, quando si incontra un pensiero “nebbioso” si ha tutto il diritto di dire: “Non ho capito ma non per questo ci credo”. È sciocco accettare una verità solo perché altri ci dicono che è una verità. Fede significa fiducia, non razionalità.

Per millenni e millenni si è parlato del cielo come di qualcosa che stava sopra di noi, un posto in cui andavano le anime dei morti e in cui risiedeva Dio. Ma con la terra tonda il cielo non è più sopra di noi. È anche a destra, a sinistra ed anche sotto di noi, dall’altra parte del globo. Inoltre sappiamo che se la terra avesse il raggio di un metro, l’atmosfera non raggiungerebbe il millimetro: il resto è freddo vuoto siderale. Dove sono le anime? A questo punto qualcuno risponde: “Il cielo di cui si parla qui è un cielo spirituale” e il pensiero nebbioso raggiunge il suo culmine. Perché richiesti di spiegare che cos’è un “cielo spirituale” nessuno è in grado di dirlo. Anche se qualcuno se la cava con una petitio principii: “Il cielo spirituale è quello in cui ci sono le anime dei morti e in cui c’è Dio”. Ragionamento che somiglia a quelli che dicono: “Lo yeti esiste. La prova è che ne stiamo parlando”.

Ecco perché il pensiero di Hegel può non convincere. Troppe delle sue affermazioni sono dogmatiche e contrarie all’esperienza. Tesi, antitesi, sintesi? E se un coniglio è la tesi, qual è l’antitesi? La lepre o la balena? E come si dimostra che tutto è pensiero? Ecco perché l’uomo di buon senso, a Bisanzio, non avrebbero sostenuto che gli angeli erano maschi o femmine ma avrebbe chiesto: “Che prova avete, che esistano?”

Dopo tutto questo rimane probabile che Hegel abbia detto cose intelligentissime. Ma questo non deve indurci a definirle tali: perché non avendole capite non abbiamo il diritto di dare un giudizio su di esse.

11 gennaio 2012