Una confessione – di Gianni Pardo

 

Le persone emotive sono per me un’occasione – a volta a volta – di disagio, di paura, di diffidenza. Più raramente di disprezzo. A volte le reazioni negative sono compensate dalla simpatia umana, perché non è che il giudizio umano sul loro conto sia negativo, ma nel contatto non riesco mai ad eliminare un sentimento di distanza e di estraneità.

L’emotività è collegata all’affettività e la mancanza d’affettività è una patologia. Chiunque non avesse mai emozioni sarebbe un malato di mente. Ma qui si parla di emotività in senso corrente, cioè di un’influenza superiore alla media dell’affettività sulle idee e sui comportamenti. Il giudice può sentire antipatia o simpatia per l’imputato, e  ciò fa parte della normale affettività; ma si devia verso l’inaccettabile se il magistrato tende ad assolvere l’imputato simpatico, anche se probabilmente colpevole, ed a condannare l’antipatico, anche se probabilmente innocente. Se fosse possibile effettuare una scrematura, bisognerebbe escludere dalla “giudicante” i magistrati emotivi. Ma già, bisognerebbe cominciare con l’escludere quelli che hanno un equilibrio psichico precario, come si fa per i piloti di linea. Ma questo argomento è tabù.

L’emotivo è spesso una persona onesta e in buona fede, ma non per questo affidabile. Ecco un ricordo esemplare. La professoressa di chimica Angela Crea Zelarovich interrogava Umberto Lima e, benché il ragazzo rispondesse accettabilmente, non era mai soddisfatta. Il voto massimo era sempre cinque. Finì che il ragazzo all’università si iscrisse in chimica e divenne un professionista della materia. Io invece fui più fortunato. Arrivato in classe da altra sezione fui subito avvertito: “Studia. Il primo voto che la Zelarovich ti darà sarà quello che avrai sempre”. E, l’ammetto, non ebbi a lamentarmi del consiglio. Per la signora, senza strapazzarmi, fui sempre più bravo di Lima.

Chi si innamora delle proprie convinzioni e dei propri entusiasmi è come se non avesse più occhi per osservare la realtà com’è. Per questo, quando percepisco che è “emotiva”, per me una persona rimane contrassegnata da una sorta di punto interrogativo: “Sarà vero, ciò che dice?” O almeno: “In che misura è vero ciò che dice?

Inoltre in questi casi divengo guardingo e quasi cambio carattere. Quando vedo che qualcuno ha convinzioni tanto forti, che quasi si indigna, a vedere si possa non pensarla come lui, scatta in me un meccanismo di difesa passiva. Dal momento che preferisco la pace alle discussioni sterili, non obietto, non contesto, faccio vaghi cenni di assenso e aspetto soltanto di riuscire a sganciarmi.

Avendo a che fare con certe persone, in passato mi succedeva addirittura di averne paura. Non che fossi aggredito o minacciato: avveniva soltanto che,  incongruamente e assolutamente fuori contesto, mi si ripresentava in mente l’immagine dell’interlocutore che diveniva violento e passava a vie di fatto. Vuoi vedere, mi chiedevo, che sento l’odore della violenza come i cani sentono quello della paura? La cosa curiosa è che questo fenomeno si produceva anche con persone che non avevo mai visto violente. Forse interpretavo l’emotività trattenuta come violenza.

Il colmo l’ho vissuto con una persona della mia famiglia – un’emotiva conclamata – che sposava le mie idee e le affermava con gli altri così appassionatamente, che io avrei quasi voluto contestarle. Espresse in quel modo, non mi parevano più le mie.

Riguardo all’enfasi, una parola definitiva l’ha detta Talleyrand, con questa frase: “Tout ce qui est excessif est insignifiant” (tutto ciò che è eccessivo è insignificante). Quanto più una tesi è forte e importante, tanto più bisogna esporla pacatamente e senza punti esclamativi. Ciò sottolineerà la sua capacità di convincere senza il sostegno di inutili coloriture.

Chi non è un emotivo si fa spesso la fama di uomo freddo e razionale. In realtà ha la mente ordinata e non dimentica che l’affettività è cosa positiva. Basti dire che conduce all’amore e rende sensibili all’arte. La razionalità invece opera in un’altra direzione. Non serve a togliere sapore alla vita, serve ad identificare ed accettare la verità anche quando è sgradita. Naturalmente, se usa lo stesso metro nei confronti dei terzi, è giudicato duro e severo, ma sono i terzi, ad essere in torto. Devono prendersela con la realtà, nel caso, non con chi gliela mostra.

L’emotività parassitaria è soltanto un inconveniente.