FINIS TERRAE

di Anna Murabito

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Perdere

Voler morire
adagiata su un fianco
come una barca bretone
che diviene relitto
a poco a poco.
Sentire il legno
tramutarsi in muschio
affondare
nella melma dei fiordi
che pure trattiene, remoto,
l’odore vivo del mare.
Continuare a viaggiare
ogni giorno
con le maree
incatenate alla Luna.
Ma non è questo morire.
Morire è confondersi:
respirare il sale
bere l’inchiostro
non sapere che fare delle mani
non riuscire a contare
fino a due.
Morire è perdere:
perdere l’anfratto introvabile
l’alternativa
l’unica chiave
dentro l’inesistenza del tombino.

Perdre

Vouloir mourir
allongée sur un côté
comme un bateau breton
qui devient épave
peu à peu.
Sentir le bois
se changer en musc
sombrer
dans la vase des abers
qui retient pourtant,
comme un soupçon,
la vive odeur de la mer.
Continuer à voyager
tous les jours
avec les marées
enchaînées à la Lune.
Mais mourir ce n’est pas cela.
Mourir est se confondre:
respirer le sel
boire l’encre
ne pas savoir que faire de ses mains
ne pas réussir à compter
jusqu’à deux.
Mourir est perdre:
perdre l’introuvable cachette
l’alternative
la seule clé
dans l’inexistence
de la grille inaperçue.

(traduzione di Gianni Pardo)

Anna Murabito alimarbit@yahoo.com

https://expressioni.myblog.it/

FINIS TERRAE di Anna Murabito

Perdere

Voler morire
adagiata su un fianco
come una barca bretone
che diviene relitto
a poco a poco.
Sentire il legno
tramutarsi in muschio
affondare
nella melma dei fiordi
che pure trattiene, remoto,
l’odore vivo del mare.
Continuare a viaggiare
ogni giorno
con le maree
incatenate alla Luna.
Ma non è questo morire.
Morire è confondersi:
respirare il sale
bere l’inchiostro
non sapere che fare delle mani
non riuscire a contare
fino a due.
Morire è perdere:
perdere l’anfratto introvabile
l’alternativa
l’unica chiave
dentro l’inesistenza del tombino.

Perdre

Vouloir mourir
allongée sur un côté
comme un bateau breton
qui devient épave
peu à peu.
Sentir le bois
se changer en musc
sombrer
dans la vase des abers
qui retient pourtant,
comme un soupçon,
la vive odeur de la mer.
Continuer à voyager
tous les jours
avec les marées
enchaînées à la Lune.
Mais mourir ce n’est pas cela.
Mourir est se confondre:
respirer le sel
boire l’encre
ne pas savoir que faire de ses mains
ne pas réussir à compter
jusqu’à deux.
Mourir est perdre:
perdre l’introuvable cachette
l’alternative
la seule clé
dans l’inexistence
de la grille inaperçue.

(traduzione di Gianni Pardo)

Anna Murabito alimarbit@yahoo.com

https://expressioni.myblog.it/

FRANCIA

tre poesie di Anna Murabito

Dove sono,
dove sono gli abitanti?
Finestre sempre chiuse
nei mille villaggi
di un Paese interminabile.
Case che si confondono col tempo
senza civetterie
senza fiori.
Colori dilavati.
Vernici attraversate dalla vita.
Il Paese che amo,
quello dei “culi terrosi”,
i contadini.
Dove il vento crepita nel mais
e si raccoglie il fieno.
Qui le strade
sono riposo della mente
e il giallo sorride infinito
nei girasoli.
Dove vuoi andare?
Portami in Francia.
E il viaggio era nel viaggio
il respiro era nel grano.
Il crepuscolo dilatava il mistero
di un sole che non muore.
Serate con la luce del giorno
e le candele accese
all’aperto
su un tavolo leggero,
parole insolite
gesti seducenti
e progetti di altri villaggi
dai colori remoti.
Altre strade perse nei campi
boschi verdi
di nuovo il mais, i girasoli, il grano.
Qualcuno tosava il prato
stamattina.
Ho sentito il profumo
accarezzare il letto
come in tenda.
Ho sentito il dolore
dell’erba tagliata
a filo a filo.

Ho conosciuto giorni
con le gambe nude
e i capelli bagnati di mare
e di sudore,
incontinenze di sole e di pelle
inaudite consonanze.
Giorni dissetanti
come la meta raggiunta
eleganti senza ornamento.
Giorni sorretti
dalla loro essenza.

E poi giorni leggeri
come gonne d’organza
a tremare di freddo
nel vento profumato
di muschio e pioggia.
Giorni di sfida
a raccogliere parole
strappate
dal rombo primordiale
dell’oceano.

Giorni ampi e ondulati
a medicare la mente
con chilometri di garza di seta
nell’ipnotismo molle
delle pénéplaine
quando il tempo
si riposa
nei crepuscoli fermi.

A Landerneau
nel crepuscolo lungo
due cigni neri
nuotavano appaiati
di traverso nel canale.
Alla sponda si aprivano
con unico gesto
e divagavano
in un’ansa morbida
lenti assaporando
l’attesa dell’amore.
Poi, all’unisono
riprendevano
con soave rigore
in senso inverso.
Rito infinito.
Danza ieratica
nello stupore mistico dell’ora.
Appoggiati alla balaustra
trattenevamo il fiato
gli occhi perduti nelle scie
sfumate.
Poi, oltre il silenzio,
nacquero parole
e galleggiarono
nell’esile chiarore
che conduce l’ombra.
Celebrammo la vita
tessuta di pietra e muschio.
E pensammo
al tempo,
inesorabile.
Sommesse inutilità
appese a un corso d’acqua.
Fantasmi
che gemono appena.

alimarbit@yaooh.com

https://expressioni.myblog.it/2020/05/28/francia/

 
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FRANCIA di Anna Murabito

 

tre poesie di Anna Murabito

Dove sono,
dove sono gli abitanti?
Finestre sempre chiuse
nei mille villaggi
di un Paese interminabile.
Case che si confondono col tempo
senza civetterie
senza fiori.
Colori dilavati.
Vernici attraversate dalla vita.
Il Paese che amo,
quello dei “culi terrosi”,
i contadini.
Dove il vento crepita nel mais
e si raccoglie il fieno.
Qui le strade
sono riposo della mente
e il giallo sorride infinito
nei girasoli.
Dove vuoi andare?
Portami in Francia.
E il viaggio era nel viaggio
il respiro era nel grano.
Il crepuscolo dilatava il mistero
di un sole che non muore.
Serate con la luce del giorno
e le candele accese
all’aperto
su un tavolo leggero,
parole insolite
gesti seducenti
e progetti di altri villaggi
dai colori remoti.
Altre strade perse nei campi
boschi verdi
di nuovo il mais, i girasoli, il grano.
Qualcuno tosava il prato
stamattina.
Ho sentito il profumo
accarezzare il letto
come in tenda.
Ho sentito il dolore
dell’erba tagliata
a filo a filo.

Ho conosciuto giorni
con le gambe nude
e i capelli bagnati di mare
e di sudore,
incontinenze di sole e di pelle
inaudite consonanze.
Giorni dissetanti
come la meta raggiunta
eleganti senza ornamento.
Giorni sorretti
dalla loro essenza.

E poi giorni leggeri
come gonne d’organza
a tremare di freddo
nel vento profumato
di muschio e pioggia.
Giorni di sfida
a raccogliere parole
strappate
dal rombo primordiale
dell’oceano.

Giorni ampi e ondulati
a medicare la mente
con chilometri di garza di seta
nell’ipnotismo molle
delle pénéplaine
quando il tempo
si riposa
nei crepuscoli fermi.

A Landerneau
nel crepuscolo lungo
due cigni neri
nuotavano appaiati
di traverso nel canale.
Alla sponda si aprivano
con unico gesto
e divagavano
in un’ansa morbida
lenti assaporando
l’attesa dell’amore.
Poi, all’unisono
riprendevano
con soave rigore
in senso inverso.
Rito infinito.
Danza ieratica
nello stupore mistico dell’ora.
Appoggiati alla balaustra
trattenevamo il fiato
gli occhi perduti nelle scie
sfumate.
Poi, oltre il silenzio,
nacquero parole
e galleggiarono
nell’esile chiarore
che conduce l’ombra.
Celebrammo la vita
tessuta di pietra e muschio.
E pensammo
al tempo,
inesorabile.
Sommesse inutilità
appese a un corso d’acqua.
Fantasmi
che gemono appena.

alimarbit@yaooh.com

 
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Autunno di Anna Murabito

 

 

 

Novembre 2020

Venne novembre infine,
quello delle favole,
con i suoi giorni stretti
di sale e di fango
quando il pendolo canta
il requiem alla luce
e il malva ambiguo dei tramonti
si precipita a morire.
Strisce di cielo scuro
lugubri ali sfrangiate.
Novembre con gli occhi pesti
e il cuore gonfio.
Strida di gabbiani
davanti a un mare nudo
che violenta la costa.
Nel vento la sconfitta degli alberi.
Nella nebbia
l’implorazione dei lampioni.
Novembre.
Una notte maligna
dilatava il buio.
Imperversava un gelo
ancora inesistente.

Solo ieri

Solo ieri il pruno
raccontava storie
tumide e altere
d’ardore, di linfa
di fiori diffusi.
Il malva spumeggiava
sui suoi rami
delirava l’aurora.
Poi il rosso rubino
nell’estate infinita
profumava di vino e di festa
una vacua speranza
di eterno.
Oggi poche foglie
rugginose
appese a un filo.
Girandole straccione,
espongono al sole aguzzino
un’agonia casuale.
Nella stanchezza dispersa
dell’inizio d’inverno
dopo il tramonto
le note di Sibelius
accompagnano
il sonno tremante del passero.

Precipita l’autunno

D’un tratto l’autunno
alza la sua voce piena
e canta
nel raso lucente
delle strade bagnate
nella terra scura
nella bruma che confonde
il crepuscolo.
Resiste il pruno vinaccia
contro un cielo livido
di nuvole rapprese:
un raggio di sole
lo lusinga
di rosso scarlatto.
Resiste il gelsomino
e chiude
a denti stretti
il suo profumo
nelle notti tremanti.
Poi si sente, cupo,
il contrabbasso
e i corni nostalgici
disegnano nell’aria
le note di un eterno requiem:
precipita l’autunno
nell’oro straziante
del glicine
nella vite americana
pazza e munifica
ubriaca di colore.
L’autunno è un brivido violaceo
un pianto in gola
per un amore finito
che si illude ancora
d’arcobaleno.

AUTUNNO

                                             Tre poesie di Anna Murabito

DSCN0907

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Novembre 2020

Venne novembre infine,
quello delle favole,
con i suoi giorni stretti
di sale e di fango
quando il pendolo canta
il requiem alla luce
e il malva ambiguo dei tramonti
si precipita a morire.
Strisce di cielo scuro
lugubri ali sfrangiate.
Novembre con gli occhi pesti
e il cuore gonfio.
Strida di gabbiani
davanti a un mare nudo
che violenta la costa.
Nel vento la sconfitta degli alberi.
Nella nebbia
l’implorazione dei lampioni.
Novembre.
Una notte maligna
dilatava il buio.
Imperversava un gelo
ancora inesistente.

Solo ieri

Solo ieri il pruno
raccontava storie
tumide e altere
d’ardore, di linfa
di fiori diffusi.
Il malva spumeggiava
sui suoi rami
delirava l’aurora.
Poi il rosso rubino
nell’estate infinita
profumava di vino e di festa
una vacua speranza
di eterno.
Oggi poche foglie
rugginose
appese a un filo.
Girandole straccione,
espongono al sole aguzzino
un’agonia casuale.
Nella stanchezza dispersa
dell’inizio d’inverno
dopo il tramonto
le note di Sibelius
accompagnano
il sonno tremante del passero.

Precipita l’autunno

D’un tratto l’autunno
alza la sua voce piena
e canta
nel raso lucente
delle strade bagnate
nella terra scura
nella bruma che confonde
il crepuscolo.
Resiste il pruno vinaccia
contro un cielo livido
di nuvole rapprese:
un raggio di sole
lo lusinga
di rosso scarlatto.
Resiste il gelsomino
e chiude
a denti stretti
il suo profumo
nelle notti tremanti.
Poi si sente, cupo,
il contrabbasso
e i corni nostalgici
disegnano nell’aria
le note di un eterno requiem:
precipita l’autunno
nell’oro straziante
del glicine
nella vite americana
pazza e munifica
ubriaca di colore.
L’autunno è un brivido violaceo
un pianto in gola
per un amore finito
che si illude ancora
d’arcobaleno.

Anna Murabito     

alimarbit@yaooh.com

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AUTUNNO | expressioni (myblog.it)

 
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